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Novità e approfondimenti a cura della Dott.ssa Tumminia

La PAURA : l’emozione “amica” che ci allerta dal pericolo esterno. Come non lasciarci sopraffare?

L’ importanza della Conoscenza, della Condivisione e della Tecnica Immaginativa per affrontare le paure collettive….

 

La paura rientra nella categoria delle “emozioni primarie” ( insieme a gioia, tristezza, rabbia, sorpresa), così nominate proprio per esaltarne l’utilità data dalla loro presenza, in diversi casi innata, alla stregua di un “bagaglio genetico emozionale base” come bussola per orientarsi nel mondo relazionale potendo accogliere e gestire le piu’ complesse “ emozioni composte” ed i sentimenti.

 

Tra le tante tipologie emozionali, la paura e’ forse tra le più utili a livello sociale, attivandosi nel momento in cui percepiamo all’esterno uno stimolo minaccioso per la nostra incolumità psicologica / fisica, fungendo da “arma protettiva” tramite l’attivazione di risposte tipiche volte al ripristino del benessere, quali attacco, evitamento /fuga, immobilità (laddove la paura sia eccessiva e paralizzante ).

Rispetto alla fobia, una versione “insana” della paura, in cui non esiste realmente uno stimolo esterno che si presenti come invadente e minaccioso per la persona – ma per lo più auto creato/ riemerso da situazioni psicologiche consciamente e/o inconsciamente prodotte – nella paura l’istinto di risposta si pone come uno scudo difensivo per qualcosa /qualcuno che davvero potrebbe disturbare la nostra integrità psicofisica.

 

Esistono paure “apprese” ?

Certamente si, rispetto alla tipiche paure che conosciamo e proviamo già da bambini, come quella dell’estraneo, dell’esposizione a situazioni nuove o, ad esempio, legate allo sforzo percettivo di risposta dei cinque sensi ( caldo, freddo, buio, dolore…), esistono anche paure apprese date da cose e/o persone percepite improvvisamente , ma non precedentemente, minaccianti avendo apportato un danno, o potendolo apportare, verso se stessi.

 

Le paure sociali

Se sono mosse come per le paure individuali dallo stesso bisogno di fare fronte ad un pericolo percepito come minaccioso, in queste situazioni diventa più forte l’eco tramite cui si nutrono e si espandono, il senso di appartenenza e quello di emergenza e sopravvivenza. La paura è addirittura maggiormente percepita perché confermata dalla moltitudine, in grado di amplificarne – attraverso le sfumature soggettive d’interpretazione – il senso di gravità , apportando ad ogni individuo del gruppo l’aggiunta di particolari relativi al racconto dell’evento in grado di enfatizzarne poco alla volta le peculiarità minaccianti la propria e collettiva incolumità .

 

Come si affronta la paura?

Esistono varie scuole di pensiero su tecniche pratiche e comportamentali per affrontare la paura, io esporro’ quello che maggiormente propongo nella mia pratica di terapeuta, partendo però prima da una regola che accomuna ogni orientamento analitico : il miglior modo per vincere la paura e’ agirla.

L’evitamento dello stimolo che incute terrore non è il modo per affrontare la situazione, corrisponderebbe al soffocamento di una situazione emotiva pressante che, probabilmente, verrebbe a manifestarsi sotto altre forme ( incubi notturni, disturbi psicosomatici, comportamenti aggressivi …), invece affrontare lo stimolo comporta conoscerlo.

La Conoscenza inserisce l’evento minaccioso nel quotidiano togliendolo o sminuendone l’assetto dell’ ignoto che amplifica la paura. Di fronte ad un evento terroristico cambiare canale dall’informazione non è utile, invece rendere l’argomento di propria padronanza, o credere che sia così , aiuta a poter “emotivamente destreggiarsi” nella propria/collettiva strada comportamentale.

 

La Condivisione e’ un’altra modalità utile, una delle più utili, connotandosi di un potere altamente terapeutico di fronte alla scoperta di un evento minaccioso , specialmente se collettivo.

Se pensiamo a come, ad esempio, l’elaborazione di un lutto individuale si basi soprattutto sul racconto, a volte ripetuto centinaia di volte sull’accaduto, come forma di catarsi verbale ed emotiva relativa al fatto, immaginiamo l’effetto positivamente importante che può produrre su un intero gruppo che si trovi a vivere un dramma di medio o grandi dimensioni.

L’auto-aiuto del racconto condiviso e vissuto dal gruppo e’ una modalità comportamentale che si produce automaticamente non appena si risvegli e si percepisca il senso di appartenenza.

 

Tecnica immaginativa

Immaginare qualcosa di “bello” di “buono” mentre si sta vivendo il “brutto”, sicuramente aiuta a non lasciarsi ingoiare dalla tristezza.

Ricordiamo il film di R.Benigni “la vita e’ bella”, in cui il protagonista nei campi di concentramento induceva il bambino ad immaginare che fosse tutto un gioco, per reimpostare la scena dolorosa e non lasciarsene sopraffare. Certamente la realta’ esterna non cambia ma quella interiore si.

Il “contrasto percettivo”, pensare a “fotografie mentali di cose / persone che ci fanno stare bene” , aiuta fortemente a contrastare le immagini del male mentre si sta vivendo o percependo il dolore, come una sorta di anestetico emotivo “parziale”, in grado di non fare perdere lucidità della realtà intorno ma permettendoci di “sentire” ancora tutte le sensazioni, positive e negative e di sognare e desiderare, rimanendo progettuali e dunque attivi

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